Ciò che colpisce di più nei racconti di Flannery è il fatto che i suoi personaggi sembrano a ogni istante sul punto di compiere qualunque azione: nelle pagine della scrittrice non ci si può fidare della logica e della coerenza. L’imprevedibilità non è una tecnica, ma si potrebbe dire la condizione metafisica di ogni narrazione che «funzioni», che sia efficace, cioè di ogni opera d’arte. Chi invece, come la maggior parte degli uomini d’oggi, è figlio del determinismo storico o psicologico, si aspetta dei comportamenti consequenziali: dal libertino un’azione da libertino, dal devoto un’azione devota, dal filantropo un’azione generosa, e così dal cattivo un’azione malvagia. Nelle opere della O’Connor questa logica non tiene, e non ci si può affidare al discernimento di una opzione morale fondamentale. I personaggi sono sempre e in ogni momento tutti allineati al principio di tutte le loro possibilità. Così la salvezza può venire da un assassino e, invece, un cieco egoismo può essere l’espressione di un filantropo umanista. Alla scrittura narrativa la scrittrice chiede sostanzialmente che intensifichi il mistero della libertà.